ARTI E CORPORAZIONI
Breve storia dell’associazionismo
di mestiere e commercio in Toscana e in Italia



È consuetudine dare alla parola “corporazione” e al suo derivato linguistico “corporativismo” un significato esteso che sottintende un aspetto negativo del comportamento sociale.
Ci si riferisce per esempio a atteggiamenti troppo ristretti e settoriali o ad un’organizzazione fine a se stessa e al mantenimento di particolari privilegi.
Contribuiscono le espressioni semplificative del giornalismo: lo scrivere di “Big Corporate” o “Big Corporations” evoca grandi aziende, legate a interessi propri, alla finanza internazionale e al dominio esclusivo del mercato.

Guardando poi al passato e specificatamente alle corporazioni di mestiere e di commercio, si trovano altri aspetti e significati, ‘sensu strictu’ o ‘sensu latu’, nelle relazioni con il loro ambiente. Questo perché l’aggregarsi tra categorie, e in generale tra simili, è sempre stato un desiderio tipicamente umano che ha avuto vari gradi di ambizione e minore o maggiore autorevolezza secondo i tempi e le società stesse.
Già in Egitto, secondo Erodoto (V secolo a.C), vi erano “sette corporazioni mestierali: sacerdoti, guerrieri, pastori, porcari, trafficanti, interpreti e piloti”; secondo Diodoro (I secolo a.C.) erano solo cinque e il resto della popolazione era formata da servi e schiavi.

Nel mondo greco invece le associazioni di mestiere non furono presenti o almeno non sono documentate; ebbero però vita prospera nelle monarchie ellenistiche dell’Oriente classico dopo la conquista di Alessandro Magno (IV secolo a.C.) e soprattutto a Roma, sotto l’impulso di ragioni militari e religiose. La loro costituzione nella Città Eterna è accennata nelle XII Tavole (V secolo a.C.) e ricordata, dopo la morte di Giulio Cesare (44 a.C.), da un gran numero di “sodalitas”, “sodalicium”, “corpus” e da “collegi” con mansioni funerarie per i soci deceduti o di sostentamento per quelli poveri e inoperosi. Pare inoltre che anche le organizzazioni dei cristiani avessero la veste di collegi funerari, con il fine di aggirare i divieti imposti dallo Stato e di sopravvivere in tempi di persecuzione.

Cominciando poi a disgregarsi la società di Roma antica a causa della corruzione e della decadenza morale, delle crisi economiche e demografiche, gli imperatori nel II-III secolo d.C., attuarono nell’ambito dei mestieri una forte strategia di difesa. I collegi vennero statalizzati e ‘cristallizzati’, vincolando i lavoratori ad essi e alla propria funzione (“condannati alla catena”, come scrisse Monti).
Sopravvissero nel medioevo con il nome di gilde, di “fraglie” in Veneto, di “consortium” o di “confraternitas”, sia di lavoro che religiose, e acquisirono via via diritti e importanti regalie di mercato, fino ad avere, a partire dal secolo XII, sulla scia di nuove correnti economiche e sociali urbane, gran peso nella politica dei Comuni. Furono noti a Siena tra XIV e XV secolo i cambiavalute e i prestatori, e tanto fu il loro potere che ci si preoccupò che non anteponessero l’utile e il comodo loro particolare al bene della Repubblica.


Ma anche i tempi d’oro delle Arti e Mestieri passarono.
La “corsa alla terra” iniziata già nel Quattrocento, le guerre e il collasso demografico dell’Italia provocarono tra Cinque-Seicento la contrazione dell’economia. Il sistema delle corporazioni legate alle manifatture e al commercio perse importanza e la rampante cultura nobiliare dell’epoca si premurò di distaccarsi dai traffici e dal lavoro, preferendo la rendita terriera. Nel sentire comune prevalse la figura perfetta e il massimo grado di “onore” del gentiluomo, impiegato nelle dignità di corte e in contrasto con il fautore delle arti. Un esempio è il “vile meccanico” dei Promessi Sposi (cap. IV), detto da un nobile rivale all’orgoglioso Lodovico, figlio di un mercante e diventato fra Cristoforo dopo il delitto e il pentimento.

La stagnazione delle manifatture e del commercio si accentuò nel Settecento quando in Italia si dovettero fare i conti con l’agguerrita concorrenza dei Paesi dell’Europa nord-occidentale e della Francia, patria di nuovi e ricercati modelli di “lusso” specialmente nell’ambito della seta e dei tessuti.
Per porvi rimedio e impedire una conseguente concentrazione dei mezzi di produzione in poche mani e la fuga dei lavoratori specializzati, i governi imposero altre regole e lo smantellamento del sistema corporativo medievale, troppo ristretto e autoreferenziale con “gelosie d’interesse” e il continuo reciproco “discredito”, come scrisse il granduca di Toscana Pietro Leopoldo.
I sovrani in tal modo si impegnarono a far attuare la libera concorrenza e circolazione delle merci, insieme al miglioramento produttivo delle campagne tramite la loro bonifica.


Per regolare le attività settoriali inoltre furono fondate le Camere di Commercio. Quella di Firenze risale al I febbraio 1770, voluta dallo stesso Pietro Leopoldo, e fu la prima in Italia; quella di Milano ha la data del 1786.
Sono istituzioni giunte fino a noi, pur avendo subito nello spazio di due secoli modifiche, ritocchi legislativi e una soppressione importante, quella fascista dal 1926 al 1943, allorché l’associazionismo mercantile venne controllato dallo stato con il Ministero delle Corporazioni per Lavoro, Commercio ed Industria, e poi dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Oggi le Camere di Commercio sono enti pubblici dotati di personalità giuridica e caratterizzati da una notevole capillarità territoriale.
Nel 2017 tuttavia hanno subito un abbassamento nel numero, secondo un progetto di rideterminazione con criteri giudicati razionali.
Duro infatti è stato il confronto dell’associazionismo di mestiere e commercio di sviluppo locale con quel sistema antitetico di produzione e mercato complesso, esteso su scala mondiale, detto “globalizzazione”.

Paola Ircani Menichini, giugno luglio 2021 – Reality Magazine, n. 100.
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– Locandina "Il nostro vino quotidiano" della Camera di Commercio di Torino, senza data.

– Telemaco Signorini, Le bigherinaie (tessitrici) - 1850 ca., Galleria d’Arte Moderna, Milano, da Pinterest.

– Rothschild Book of Hours 1500-1505, manoscritto, Londra, British Library, da British Library-Digital collections.

– Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buongoverno nella città di Siena, 1338-1339, Siena, palazzo Pubblico, da Wikipedia.

– Placca della “Camera di Commercio industria artigianato e agricoltura” di Firenze, opera della ditta Picchiani e Barlacchi, Firenze, senza data.


Precedenti

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«San Bernardo di Pisa e le decime del vescovo di Fossombrone»
«L'ospedale di san Nicola a Rosignano (Ospedale Nuovo di Pisa)»
«A Palaia nel castello e nelle botteghe dei notai»
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